Baffi Turchi: mille volti pelosi del paese della mezzaluna

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Storia e culto del mustacchio anatolico, dagli irsuti guerrieri Oghuz al tappetino a mandorla di Erdogan

La visita o meglio la calata in Italia del presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan – mamma li turchi – ci offre il destro per parlare dei baffi di una delle nazioni che forse più di tutte ha dato la giusta valenza simbolica e il giusto peso culturale al vicino del naso.

Il vello subnasale degli abitanti della penisola anatolica ha radici storiche antiche. Già gli Oghuz, confederazione di tribù barbare dell’Asia Centrale di ceppo linguistico turco, antiche progenitrici degli attuali turchi, come molte popolazioni delle steppe nomadi e seminomadi avevano baffi e lunghe barbe.

Suppellettile con baffuto selgiuchide e compagna
Piatto con baffuto selgiuchide e compagna

Di queste tribù la selgiuchide, che fu la prima a convertirsi all’Islam gettando il seme di quella che a spese dei bizantini fu il primo abbozzo geografico e se vogliamo anche nazionale dell’odierna Turchia, faceva largo utilizzo di barba e baffi (numerose rappresentazioni artistiche dell’epoca tramandano uomini dal volto irsuto vedi foto sopra).
Alp Arslan (nell’immagine in basso) il secondo sultano dell’Impero selgiuchide (uno dei più importanti in questa fase della storia turca), vincitore della battaglia di Manzicerta del 1071 che piegò l’esercito bizantino dell’imperatore Romano IV Diogene dando un colpo micidiale ai fragili equilibri di Costantipoli, aveva dei possenti baffoni.
AlpArslanSenza passare in rassegna tutti i sultani selgiuchidi che furono portatori sani di barbigi, vale la pena invece citare i folti baffi mongoli di Hulagu Khan (nella foto in basso), il nipote di Gengis Khan che divenne primo khan dell’Ilkhanato di Persia intorno alla seconda metà del 1200 inghiottendo nei suoi possedimenti l’impero selgiuchide.
Hulagu KhanAnche gli ottomani, discendenti di quei Turkmeni che fondarono il principato (o beylik) di Söğüt sotto la dominazione Mongola e che successivamente, alla caduta dell’Ilkhanato, si imposero in Turchia assoggettando quel che restava dell’impero bizantino, portavano per tradizione dei poderosi mustacchi. Si pensi a titolo esemplificativo a Maometto II, il martello dei bizantini e il conquistatore di Costantinopoli, che aveva un folto tappetino sopralabiale impresiosito da una curatissima barba come testimoniano numerose rappresentazioni coeve del sultano stesso (vedi immagine in basso).
Maometto IIGli stessi giannizzeri, corpo di guardia scelto dei sultani e nerbo dell’esercito ottomano portavano baffi decisamente accentuati. Nell’odierna Turchia tra i ranghi dell’esercito questo uso di portare i baffi è sopravvissuto come testimonia il divieto di arruolare le persone che non hanno peli sul viso.

Baffuta "parata" di Giannizzeri
Baffuta “parata” di Giannizzeri

In tempi più recenti il padre dell’odierna Turchia e il primo presidente della repubblica Mustafa Kemal Atatürk, che ristabilì l’unità e l’indipendenza della Turchia sconfiggendo i greci nella guerra del ’19-’22 e che demolì il sultanato con la deposizione di Maometto VI nel 1920, naturalmente aveva dei folti baffoni portati in gioventù a punta alla moda dei giovani turchi (un bel paio di mustacchioni alla Kaiser). Dall’affermazione come capo di stato tuttavia a volte lo stesso Atatürk si presentò in pubblico sbarbato. Una scelta non certo casuale ma dettata da un preciso intento politico, quello di dimostrare al suo popolo ma soprattutto alla platea internazionale, l’occidentalizzazione del suo paese e l’avversione nei confronti dei conservatori e del baffuto clero mussulmano (la rinuncia ai baffi dimostrava visibilmente alcune prerogative della sua visione politica conosciuta come kemalismo).

Ataturk
Ataturk

Una tendenza che recentemente è stata invece invertita da Erdogan che facendosi portavoce dei conservatori, da “novello sultano” ostenta un curatissimo badem bıyık (baffo a mandorla in italiano) proprio dei sostenitori di Erdogan e della sua progenie politica (l’AKP Partito per la Giustizia e lo Sviluppo). Un mustacchio che in turco potrebbe anche definirsi sünnet ovvero sunnita che rispetta ovvero i precetti di purezza rituale dell’Islam evitando ai peli di sporcarsi con il cibo e dunque – per semplificare – di diventare impuri (un tipo di “acconciatura” comunque meno radicale rispetto alla barba “maomettana” dei talebani che invece si rasano i baffi seguendo letteralmente i precetti contenuti nel corano).
erdoganAnche il suo predecessore Abdullah Gül portava lo stesso stile di mustacchi mentre i nazionalisti fregiano il loro volto con l’ülkücü (che non è una storpiatura turca del celebre Hulk Hogan wrestler dal folto ferro di cavallo ma è piuttosto traducibile in italiano con il termine idealista) che accentua le punte verso il basso ricordando la M del MHP, il Partito d’azione nazionalista a cui sono generalmente affiliati gli uomini di destra mentre c’è chi dice che la forma a ferro di cavallo leggermente pronunciato ricordi la mezzaluna della bandiera turca e i baffi degli antichi guerrieri mongoli, mentre altri hanno voluto vedervi una rappresentazione pelosa degli accentuati canini dei Lupi Grigi, movimento ultranazionalista turco che si ispira ai celebri predatori e nelle cui file militò anche Ali Agça, l’attentatore di Giovanni Paolo II.

tipico baffo nazionalista
tipico baffo nazionalista

All’estremo opposto dei mustacchi a ferro di cavallo dei panturchisti o turanisti e più in generale di tutti i nazionalisti turchi più radicali, ci sono gli Stalin biyigi ovvero i baffi alla Stalin, tratto caratteristico dei curdi del PKK e delle formazioni di estrema sinistra. Un tipo di baffi che per l’appunto richiama quelli del celebre dittatore comunista e che a differenza di quelli dei lupi grigi si estende anche sopra il labbro superiore (tendenza simile nello stile a Tricheco) andando in qualche maniera contro i precetti di purezza rituale voluti dalla sunna. Anche gli adepti dell’alavismo, setta dell’Islam che predica rispetto e amore reciproco e tolleranza religiosa (sovente in opposizione ai sunniti), ostentano questo tipo di baffi, una connotazione dunque politica, etnica e religiosa.

baffi curdi
baffi curdi

Ancora più destabilizzanti i baffi prolungati sul pizzetto, dunque circolari a contorno della bocca, che hanno assunto il significato di baffi rivoluzionari associati con la figura di Lenin e dunque con gli intellettuali di sinistra e che in qualche maniera vengono messi in relazione a Cristo e al cristianesimo (e per converso anche all’ebraismo). Per proprietà transitiva i baffi circolari vengono associati anche all’alavismo che in Turchia a livello religioso ha una posizione destabilizzante più forte del cristianesimo e dell’ebraismo sebbene gli adepti di questa religione preferiscano – come ricordavamo in precedenza – il baffo alla stalin.
Connotazioni di genere, politiche e religiose fanno sì che i baffi siano un autentico status symbol in Turchia tanto che da queste parti pare vada fortissimo il trapianto di mustacchi. Più che i capelli l’uomo turco sembra infatti essere ossessionato dal proprio tappetino subnasale e sarebbe disposto a investire un piccolo capitale per renderlo più spesso, folto e in forma. Nella capitale ci sono oltre 250 chirurghi ed esperti d’impiantistica del pelo che offrono servizi di rinfoltimento a prezzi accessibili (intorno ai 1700 euro). Attualmente alcune agenzie di viaggio offrono pacchetti turistici (rivolti specialmente al Medio Oriente, in Europa per ora va forte soltanto il rinfoltimento dei capelli) che comprendono sedute d’intervento sui baffi per i padri di famiglia associati a vacanze al mare per mogli e figli. Vale la pena in questa sede ricordare che il record di baffo più lungo del mondo è detenuto dall’ottantenne Nagati Glick un turco che non si rasa i barbigi dal 1970 avendo fatto registrare ai campionati di baffi di Ankara del 2017 i 2 metri e 60 cm di estensione (vedi foto di copertina).
Trapianto baffi
L’importanza dei baffi e la loro fondamentale valenza sociale per gli uomini turchi è testimoniata anche da una storia del baffuto scrittore nazionalista Omer Seyfettin (1884–1920) intitolata “Baffi rasati”. Nella sua novella viene raccontato di un lavoratore statale che nel 1910 decise di tagliarsi i baffi influenzato dallo stile dei missionari statunitensi ad Istanbul. Tale gesto gli valse la perdita del lavoro e l’allontanamento dalla famiglia che lo considerò come un folle e un dissacratore dei costumi tanto che il padre lo rimproverò aspramente per l’avventata scelta con questa iconica frase: “Tu pervertito. Anche se i tuoi baffi ricresceranno non riuscirai più a riabilitare il tuo onore“.
Baffi turchiI baffi sono dunque indissolubilmente legati all’onore e all’essenza stessa del maschio turco e nonostante le nuove generazione preferiscano barbe Hipstereggianti, o meglio all’occidentale, i quadri dell’establishment turco sono rimasti impermeabili a queste nuove mode e sembrano anche restii ad adattarsi alle manie epilative dell’Europa. E’ probabile dunque che seguendo l’orma dei loro padri una volta maturati ed entrati nel mondo del lavoro anche questi giovani e barbuti ribelli, lontani anni luce dalle baffute lotte politiche degli anni passati, seppur influenzati dalla televisione e dalle sirene barbute del web, torneranno presto a issare orgogliosi il peloso bagaglio avito portando avanti l’intramontabile tradizione del baffone alla turca.

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