Hitler e Chaplin: vite e baffi paralleli

Hitler-Chaplin

Entrambi nati nel 1889, a distanza di appena 4 giorni (il dittatore nazista il 20 aprile il comico inglese il 16 aprile), i due personaggi dai mustacchi identici hanno avuto una parabola esistenziale incredibilmente rassomigliante

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Adolf Hitler e Charlie Chaplin due personaggi dai baffi identici, totalmente agli antipodi nelle loro vite, che tuttavia hanno condiviso una parabola esistenziale curiosamente parallela. Mustacchi a spazzolino (brosse à dents in francese o toothbrush in inglese) identici per i due “gemelli nel baffo” che all’apice della loro carriera issarono questi barbigi oggi caduti in disuso a causa della damnatio memoriae collegata al dittatore nazista. Una dicotomia che non ha solo motivi estetici ma che può essere estesa anche ai fatti salienti dell’esistenza terrena dei due.

Hitler Manubrio

L’irsuta coppia nacque infatti nello stesso anno (il 1889). Il comico venne alla luce il 16 aprile a Londra, appena quattro giorni prima del dittatore tedesco che invece trovò i suoi natali a Branau in Austria il 20 aprile. Forse non tutti sanno che Hitler in gioventù portava dei lussuriosi baffi a manubrio (vedi foto sopra) e forse sono ancora meno quelli che conoscono il motivo che convinse lo stesso Führer ad optare per il taglio a spazzolino. La notte del 13 ottobre del 1918 a Wervik in Belgio il giovane Hitler rimase temporaneamente intossicato da un attacco di gas iprite o gas mostarda lanciato in una controffensiva degli inglesi. L’incidente che costò al futuro dittatore un lungo periodo di ricovero ospedaliero, agli sgoccioli della Iª guerra mondiale, fu procurato proprio dai suoi vistosi baffi a manubrio, che gli impedirono di sigillare ermeticamente al volto la maschera antigas. Probabilmente questo tipo di baffo, nato per motivi eminentemente pratici, non dispiacque al giovane Führer che fu sempre un incallito cinefilo e che forse pensava proprio a Charlot mentre si radeva allo specchio (il comico aveva infatti già esordito nei panni di Charlot nel 1914)… Voli pindarici della fantasia che non hanno purtroppo riscontri documentali. E’ tuttavia certo che Hitler (lo dice lui stesso nel Mein Kampf), proprio in questo periodo di convalescenza nel quale rischiò di perdere la vista e rimase cieco per 3 giorni, iniziò a sviluppare la sua idea per un cambio radicale della Germania. Nello stesso periodo Chaplin, già al centro dell’attenzione del pubblico internazionale, decise di mettersi in proprio passando alla First National, con cui girò dieci film e guadagnò un favoloso ingaggio per l’epoca, corrispondente a 1 milione di dollari. L’ascesa cinematografica di Chaplin coincise con quella politica del Furher. Nel 1920 quando Hitler diventava leader del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (National Sozialistische Deutsche Arbeitspartei, NSDAP), Chaplin lavorava alla realizzazione de “Il Monello” (uscito poi nel gennaio del 1921) pellicola che lo consacrò definitivamente nel Gotha della cinematografia statunitense. Negli anni successivi Hitler accrebbe il proprio potere politico, fondò le SS e nel 1925 pubblicò il Mein Kampf mentre Chaplin proseguì il suo successo cinematografico e lo stesso anno uscì con il film “Luci della Città”. Una tavola cronologica comparata con le tappe salienti della crescita personale delle due baffute eminenze mostrerebbe molte altre curiose coincidenze ma in questa sede ci interessa mettere in risalto il punto di rottura di questo dualismo.

Il grande dittatore
Nel settembre del 1939 Hitler invade la Polonia dando avvio alla IIª guerra mondiale mentre nel dicembre del 1939 (4 mesi dopo) Chaplin durante la realizzazione de Il Grande Dittatore viene raggiunto dalla comunicazione della morte improvvisa del suo migliore amico Douglas Fairbanks, episodio che gettò nella depressione il comico tanto da indurlo a interrompere la sua attività cinematografica per circa sette anni. Proprio questa pellicola è il culmine dell’incrocio dei destini dei due personaggi. Pare che Chaplin decise di realizzare questo lungometraggio di denuncia contro le persecuzioni antisemite del regime nazista dopo aver assistito nel 1935 al Museo d’Arte Moderna di New York alla proiezione de “Il trionfo della volontà” di Leni Riefenstahl. Ogni volta che Hitler compariva sullo schermo, il suo alter ego comico Chaplin non poteva fare a meno di sorridere. Da qui l’idea di girare un film parodia sul dittatore. Nel film è messo in scena il dualismo tra un barbiere ebreo perseguitato dalle guardie del regime di Tomania e Adenoid Hynkel, lo spietato dittatore del fantomatico stato totalitario chiaramente ispirato alla Germania nazista. Una sorta di riproduzione su celluloide della dicotomia tra i due.

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Guardando il film non è possibile non apprezzare l’incredibile bravura del comico britannico capace di imitare alla perfezione il cancelliere tedesco (Chaplin deve aver visionato per ore i filmati di propaganda nazista). Il film fu l’aperta sfida del comico al suo alterego baffuto e la pellicola fu bandita in diverse parti d’Europa. Mussolini la proibì in Italia temendo di essere assimilato alla caricatura Hynkel. Stessa cosa fece il Führer che dopo averlo visionato per due volte lo bandì in tutti i paesi occupati (nessuna fonte storica riporta purtroppo quale fu la sua reazione alla prima visione della pellicola). Il film incassò bene (costò 2 milioni ne fruttò 5) ma dopo questo lungometraggio Chaplin iniziò un lento declino che lo portò alla progressiva uscita di scena dalle luci dalla ribalta mentre Hitler perse poi il conflitto. Fu questo l’ultimo lungometraggio nel quale Chaplin portò i baffi a spazzolino e fu l’ultimo recitato o diretto dell’attore che riscosse un successo riconosciuto in tutto il mondo. I mustacchi a spazzolino di Hitler durarono fino al 30 aprile del 1945 anno in cui il Führer si suicidò nel bunker di Berlino. Dopo la guerra e l’uscita di scena del capo del nazismo Chaplin a proposito de “Il grande dittatore” dichiarò che non lo avrebbe mai realizzato se avesse saputo dei campi di concentramento tedeschi. I baffi a spazzolino restano ancora oggi un tabù nell’attesa che un altro dittatore o un altro comico decida di portarli nuovamente alla ribalta.

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