Francesco Baracca, tra baffi e velocità all’origine della leggenda

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Storia di Francesco Baracca, soldato, cavaliere e pioniere dell’aviazione baffuto che ispirò il logo della Ferrari.

È un filo, baffuto ovviamente, molto sottile ma comunque fortissimo (o foltissimo?) quello che unisce le storie di Roland Garros e del suo collega italiano Francesco Baracca.

Entrambi pionieri ed assi dell’aviazione, nati nel XIX secolo, con la fascinazione del rischio e della vitalità sono finiti col condizionare irrimediabilmente i nostri giorni. Perché se da un lato il ricordo del pilota francese è legato al celebre torneo di tennis che porta il suo nome a Parigi, quello del nostro è invece legato al logo della Ferrari visto che fu proprio lui ad ispirarlo.

Il nostro illustre connazionale nasce a Lugo, in provincia di Ravenna, il 9 maggio del 1888 da una famiglia di nobili origini e, dopo aver concluso gli studi regolari, mostra subito interesse per quello che sarà il più grande amore di tutta la sua vita: la velocità. Ma come esercitarsi nel dinamismo in tempi in cui le automobili erano un miraggio troppo costoso? Attraverso la nobile arte della cavalleria, è ovvio.

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Ecco perché nel 1907 in preda alle migliori motivazioni romantiche decide di seguire la via militare, scegliendo l’Accademia di Modena da dove uscirà col grado di sottotenente mostrando già qualche anno dopo la sua abilità nell’ippica con la vittoria del concorso di Tor di Quinto a Roma.

La sua vita cambierà però nel 1912 quando, dopo aver assistito ad un’esercitazione aerea, capisce che l’equitazione non gli basta. Decide quindi di darsi all’aviazione e frequenta dei corsi di formazione in Francia dove consegue il brevetto da pilota. Dopo una lunga serie di voli di ricognizione e lo scoppio della prima guerra mondiale, è il 1915, prende parte attivamente al conflitto per conseguire il primo di una lunga serie di abbattimenti il 6 aprile del 1916.

Da qui onorificenze e vittorie nei vari duelli aerei si susseguono sino alla formazione il 1 maggio del 1917 della cosiddetta “Squadriglia degli assi”, costituita dai migliori piloti italiani come Fulco Ruffo di Calabria e Guido Keller, di cui diventa comandante. L’intera unità oltre ad adottare il celebre cavallino rampante si distingue per essere una delle più letali con solo 19 vittorie personali nel solo 1917.

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Come per ogni aviatore che si rispetti, dopo 34 o 36 vittorie (gli storici ne discutono ancora), il 19 giugno del 1918 viene abbattuto da un rivale austro ungarico nei pressi di Nervesa della Battaglia in Veneto. Le sue esequie anche per motivi propagandistici, ma non solo, furono particolarmente sentite tanto da avere la partecipazione di un altro aviatore baffuto come D’Annunzio che, da suo ammiratore, ne fece l’elogio funebre.

Nonostante le sue oltre trenta sfide vittoriose Baracca si vantava di cercare sempre di non uccidere l’avversario ma costringerlo, in puro spirito cavalleresco, all’atterraggio per poi catturarlo ripetendo con una certa anarchia agli alti comandi militari di “mirare all’apparecchio (cioè l’aereo, ndr) non all’uomo”. Postumo l’omaggio di Enzo Ferrari che proprio al suo logo, il cavallo rampante sulla carlinga, si ispirerà per le sue rosse sinonimo ovunque di velocità e vittoria.

Da quel momento il mito si confonde con la leggenda. Baracca è e resta un eroe romantico capace di gesti di generosità e cavalleria “aerea” propri di altri tempi e questo legame tra aviazione e mustacchi non può essere un caso. Ci piace pensare infatti alle ali come a baffi che sostengono e guidano la fusoliera come due bracci della bilancia… E chissà se in fondo non è proprio così.

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